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Ho vinto il Casto

Alpstation Monte Casto TrailCominciamo a raccontare un po’ da lontano.

L’ultima maratona che ho corso risale al 2012 e la qualità degli allenamenti e della forma fisica è andata lentamente ma inesorabilmente a decadere.

È’ iniziata una serie di piccoli e fastidiosi infortuni che sono stati a volte il motivo e a volte la scusa per non uscire a correre.
Praticamente la crisi del settimo anno podistico.

Per dare una svolta alla cosa bisogna trovare delle motivazioni e cosa c’è di meglio se non porsi un traguardo sfidante. Estremamente sfidante!

La versione breve del Trail del Monte Casto, la 21 chilometri D900+, cioè 900 metri di dislivello positivo, cioè la somma delle salite arriva a sommare 900 metri, l’avevo corsa lo scorso anno. Era stato il mio esordio nel mondo del trail.

Ero reduce da una fastidiosissima sciatalgia che mi aveva perseguitato è fatto soffrire per diversi giorni. Partivo ripetendomi il mantra: “Per quanto poco allenato 21 chilometri si fanno anche camminando”.
Una volta terminata dissi a mia moglie che mi attendeva al traguardo che ero stanco come se avessi corso una maratona.

Era stato gettato un seme, dentro di me una vocina diceva: “Se hai fatto la 21 se vuoi puoi fare la 46”.

Per farla breve, ottobre si avvicina e anche se la forma non è smagliante, almeno è da un po’ che sto bene, dopo un inverno scandita dal nervo sciattico. Cedendo agli inviti e alle tentazioni di amici DRS, benedetto Ghirlanda, con tanti dubbi e tante perplessità mi iscrivo.

Sono 46 chilometri e D2200+, ma finalmente ho l’obiettivo che  mancava!

Per tre domeniche nei 30 giorni precedenti alla gara la sveglia è stata fissata alle 6 del mattino per andare a correre sui sentieri dei Sette Fratelli.

La domenica prima faccio una 20 chilometri giusto per vedere come vanno. Era da poco meno di un anno che non arrivavo a quella distanza.

Sta di fatto che domenica 26 ottobre la veglia suona alle 5. Sono in albergo a Biella e preparo le ultime cose prima di farmi accompagnare dalla pazientissima moglie ad Andorno Micca.

Si incontrano gli amici che non si son visti il sabato, giusto per fare orario e ritrovarsi alla partenza.

Dopo_il_CastoSi parte, finalmente.

I primi 7 chilometri li conosco. E’ praticamente tutta salita sino al Monte Casto. L’anno prima avevo sofferto parecchio anche se ero rimasto colpito dalla magia del bosco di conifere che si attraversa poco prima di scollinare.

Arrivo a Selle che stanno allestendo il ristoro per la 21 e per chi tornerà a passare di li dopo il lungo giro.
Riesco a scroccare un te’ caldo e riparto.

Si scende per qualche chilometro prima di riprendere la salita. Le gambe reggono ancora. Sudo come una bestia e vado avanti.

Vado avanti perché non devo bucare il cancello orario di 2h45′ di Bocchetto Sessera.  Sarebbe veramente deludente essere buttato fuori già così. So di essere tra gli ultimi, perché sui tornanti della salita ogni tanto intravedo il gruppetto delle scope che mentre io soffro loro ridono e scherzano.

Arrivo giusto cinque minuti prima del limite. Altro te’ caldo e riparto.

Si sale ancora ma più dolcemente.
Da alcuni chilometri la visibilità era scesa, ora vado in mezzo alla bambagia. Intorno a me è tutto bianco e onirico.

Si scende di nuovo e dopo poco si entra nel bosco.

E’ il mondo dell’autunno e dell’arancione in tutte le sue forme. Tutto il bosco è arancio, tutta la strada è arancio. Un immenso tappeto di foglie dello stesso colore.

Arrivato in fondo alla discesa per completare l’opera d’arte c’è il torrente. Scorre impetuoso, salta, forma delle vasche.
Uno spettacolo che mi aiuto ad affrontare l’ultimo tratto di discesa e il saliscendi che mi porta a Piana del Ponte.

Sono passate quasi quattro ore da quando sono partito e ho fatto 22 chilometri circa.

Inizia la terza salita. Forse è il passaggio col fondo più difficile, connesso ma per nulla banale. Questa volta a farmi compagnia è il torrente Sessera.

Quando finalmente lo lascio entro in un’altro bosco di conifere.

Il sentiero sale bello ripido a tornanti. Alzo gli occhi e scorgo Mauro. Gli lancio un urlo di avvertimento e dopo poco lui si fa raggiungere.

Ci scambiamo poche parole, abbiamo bisogno di tutta la concentrazione che serve per salire.

La salita è premiata dal panorama.
Usciti dal bosco dopo qualche centinaio di metri il panorama si apre.
La montagna perde il bosco, si fa avvolgere dal prato e il panorama si apre verso valle. Il sole che da luce e colori fa il resto.

Io e Mauro invidiamo i possessori di una serie di chalet che appollaiati su quel costone godono di cotanto spettacolo.

Si torna a fare un po’ di saliscendi con il pensiero nuovamente all’orologio.
Dobbiamo arrivare a Bocchetto Sessera entro le 5h20′.

Buchiamo clamorosamente il cancello. Abbiamo 29 chilometri sulle gambe, quasi sei ore di strada. Li troviamo che stanno per sbaraccare, ma invece di bloccarci ci dicono che se vogliamo possiamo proseguire.
Io e Mauro dopo una breve consultazione ripartiamo.

La strada è in discesa per un lungo tratto, di quella anche cattiva che ti mangia caviglie e ginocchia.

Io e Mauro viaggiamo soli, alternandoci nel fare il passo.
Arriviamo anche a Selle per la seconda volta. Stanno veramente per andare via ma ci accolgono col sorriso. Un altro te’, quattro battute e si riparte. Ci sono ancora 14 chilometri davanti a noi.

Continuiamo nella nostra solitudine per qualche chilometro quando nell’arco di poco arrivano prima le voi e poi si materializzano le scope: quattro bei maschietti con i collant e il tutù e una femminuccia tutta carina e truccata da uomo.

Ci si affiancano per capire se siamo morti che camminano o semplicemente dei gitanti col pettorale che passeggiano per i boschi. Appurato che si tratta del secondo caso, dopo una breve telefonata col Mau, telefonata fatta con scioltezza, mentre si continua a corricchiare, io con un bel respiro pesante e loro senza il minimo segno di affanno, abbiamo il via libera: si continua anche se siamo molto oltre qualsiasi cancello orario.

Arriviamo al controllo di Locato. Anche qui ci hanno aspettato con qualcosa di caldo. Si prosegue subito.

Inizia il pezzo più difficile. Lo conosco perché da Selle siamo nuovamente sul percorso della 21. E’ stato difficile lo scorso hanno con molti meno chilometri sulle gambe e lo è anche questa volta. Veramente difficile. Le gambe non spingono più, ogni passo in salita è un atto di volontà, maledizioni e volontà.

Sono più di 200 metri di dislivello di passione, ma come lo scorso anno anche questa volta si superano.

Finalmente si scende nuovamente e si vede il paese. Io e Mauro siamo sempre scortati dal quintetto di scope.
Finalmente entriamo Andorno, Andorno  che ci riserva quella che è stata da me battezzata l’ultima vigliaccata del Mau. Una bella rampa di scale lunga qualche decina di metri prima di prendere le vie che ci portano verso la linea del traguardo.

Otto ore e trentotto minuti. Finita!

Giusto il tempo di dare un bacio ad Alessandra, che ha aspettato molto pazientemente che mi decidessi ad arrivare, e inizia il momento del delirio e trionfo.

Mau è già sul parco per le premiazioni. Chiama le scope e noi su.
Sono applausi e foto, come se fossimo noi i vincitori.

La felicità è tanta, la fatica pure, ma il bagaglio di ricordi, immagini e belle sensazioni è enorme.

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