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Fine

MaratonaAlla fine, dopo l’ultima curva, si vede il gonfiabile dell’arrivo e, mettendo nelle gambe le pochissime energie rimaste, si cerca di aumenta la velocità e di apparire un po’ meno sfiniti, giusto per poter alzare le braccia al cielo ed esultare commossi.

Diciamo che questo ultimo post della serie “100 post in 100 giorni” è quasi come una maratona. Si è partiti con la speranza di fare il personale, ma poi a un certo punto ci si è accorti che non ci sarebbero state le forze per mantenere un certo ritmo. Allora si rallenta, e quando ci si sente particolarmente sfiniti, si inizia ad alternare il passo con la corsa, ma non si mette mai in dubbio che si taglierà la linea dell’arrivo.

E come da miglior tradizione podistica, terminata una gara si inizia a pensare alla successiva.

100 foto in 100 giorni su Instagram? 100 tweet in 100 giorni?

Adesso ci riposiamo un pochino, poi vedremo.

115 post in 131 giorni
#post 115/115

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Evaporato in una nuvola rossa in una delle molte feritoie della notte

Amico fragileSedici anni fa ci lasciava, “andava oltre”, Fabrizio de Andrè. Per me saperlo fu un piccolo shock, una cosa del tutto inaspettata.
Sino a quel momento faceva parte di quel pantheon di persone di riferimento, di quegli artisti di cui si seguiva ogni passo, anche i più difficili.

Delle sue canzoni ho ricordi legati ad età e luoghi.

Probabilmente non avevo ancora dieci anni e nell’oratorio si Serramanna, paese natale di mia madre, si suonava La città vecchia, Marinella, Bocca di rosa. Decisamente molto poco ecclesiastiche, ma io al tempo non ero in grado di capirlo. Erano i primi anni settanta, anni in cui tutto, anche la religione, era soggetta a rivisitazione.

Bocca di rosa, Marinella e La guerra di Piero erano la prima palestra di me strimpellatore alla chitarra quando ancora frequentavo le scuole medie.

La vera rivelazione da quasi adulto, avrò avuto sedici o diciassette anni, l’ho avuta quando si iniziò ad ascoltare in giro il doppio LP in concerto con la PFM.
I suoi testi e la sua musica filtrata nel progressive della Premiata Forneria Marconi.
Fantastico!!!

Negli ultimi anni di liceo non è più lui a cercarti quando ascoltavi la radio, quelle libere non la RAI, alla RAI certe sue canzoni difficilmente passavano. Sei tu che lo cerchi e ascolti anche i lavori più difficili: La Buona Novella, Storia di un impiegato, Non all’amore non al denaro né al cielo.
Era necessario ascoltarli più volte, alcuni brani non erano facili, non c’era ancora un Morgan a sdoganare il De André colto.

Sino alla fine, sino ad Anime Salve la qualità musicale e intellettuale è sempre stata grandissima.

Mentre scrivo ho come sottofondo il concerto al teatro Brancaccio del ’98, un anno prima della scomparsa. Un suo testamento musicale.
Un concerto di altissima qualità artistica.
Sul palco c’è una collezione di maestri e la presenza dei figli Cristiano e Luvi arricchisce il valore del concerto.

Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d’attenzione e d’amore
troppo, “Se mi vuoi bene piangi ”
per essere corrisposti,
valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo “Mi ricordo”:
per osservarvi affittare un chilo d’erba
ai contadini in pensione e alle loro donne
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità:
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi,
ero molto più curioso di voi.

E poi sorpreso dai vostri “Come sta”
meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci,
tipo “Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te”
“Lo sa che io ho perduto due figli”
“Signora lei è una donna piuttosto distratta.”
E ancora ucciso dalla vostra cortesia
nell’ora in cui un mio sogno
ballerina di seconda fila,
agitava per chissà quale avvenire
il suo presente di seni enormi
e il suo cesareo fresco,
pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra.

E poi sospeso in mezzo ai vostri arrivederci,
mi sentivo meno stanco di voi
ero molto meno stanco di voi.

Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
fino a vederle spalancarsi la bocca.
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
di parlare ancora male e ad alta voce di me.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
con una scatola di legno che dicesse perderemo.
Potevo chiedere come si chiama il vostro cane
Il mio è un po’ di tempo che si chiama Libero.
Potevo assumere un cannibale al giorno
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
Potevo attraversare litri e litri di corallo
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.

E mai che mi sia venuto in mente,
di essere più ubriaco di voi
di essere molto più ubriaco di voi.

114 post in 128 giorni
#post 109/114

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Tutti siamo i CT della nazionale

libertà-di-stampaSono giornate confuse, giornate in cui i nostri convincimenti e i nostri ideali sono messi a dura prova.

Come ormai da alcuni anni accade, Facebook è lo specchio della pancia dei sui frequentatori.
Se da una parte praticamente tutti dichiarano “Je suis Charlie”, dall’altra quando si tratta di declinare lo stesso ideale sulla libertà di religione e di opinione le certezze vacillano.

La generalizzazione regna sovrana. Ricondurre problemi estremamente complessi a dei massimi sistemi è molto più semplice.

Ho letto che quanto successo a Parigi è una logica conseguenza dall’aver permesso di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche e dagli edifici pubblici.
Sorvolo su quanti identificano la radice del problema tout-court  alla permissività di questi anni riguardo l’immigrazione dal sud del mondo.
Peccato che si dimentichino le proporzioni bibliche di queste immigrazioni.

Alcuni mesi fa leggevo un articolo che spiegava come la facilità a trovare una risposta a un problema complesso è inversamente proporzionale alla conoscenza dettagliata dello stesso problema.

Semplificando e banalizzando: siamo tutti bravi a dare soluzioni definitive riguardo il debito pubblico ignorando totalmente le complesse regole di economia e finanza.

Non per niente siamo un po’ tutti i CT della nazionale di calcio.

114 post in 128 giorni
#post 108/114

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Nulla di intelligente da dire

“Povero quel Dio che ha bisogno degli uomini per essere difeso”

Ieri sono stato zitto.
Non avevo nulla da dire, o per meglio dire, non avevo nulla di intelligente da dire.

Oggi invece scrivo per riportare due cose intelligenti trovate sul web: la citazione di apertura e l’immagine posta in chiusura.

Se la prima mi fa pensare che violenza umana non ha niente a che spartire col divino, la seconda ha concretizzato un pensiero che aleggiava nella mia testa per tutta la giornata.
Azioni come quelle di ieri provocano danni ai moderati di qualsiasi religione o orientamento.

Azioni come quella di ieri sono funzionali solo a chi ha la violenza nell’animo, di qualsiasi religione o orientamento.

Charlie
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The leon sleep tonight

http://youtu.be/Lx9HlALK14M

Non è nuovo, anzi, ma a me piace sempre.

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La trappola dei click

facebookL’esempio riportato dall’immagine è presa da Facebook, ma potrebbe essere tranquillamente essere riportata da un qualsiasi quotidiano nazionale online.

Il meccanismo è sia semplice che subdolo: non si dice nulla di preciso, ma si da ad intendere una qualche notizia sconvolgente e sopratutto, giocando sulla curiosità macabra, delle immagini e dei particolari truculenti.

E’ quasi un capolavoro, il box è un tripudio di parole e frasi chiave per stuzzicare il morboso che è in noi: “un secondo prima”, “disastro”, “eri bellissima”, “tragedia”, “shock”, “è morta Valentina” (e chi è?), “notizia confermata Ansa”.

Ma poi alla fine dall’altro capo del link cosa c’è?

Assolutamente nulla di serio e nulla di quanto promesso o quanto meno lasciato ad intendere.
Lo scopo dei gestori del sito e far girare i banner pubblicitari.

Basta!

113 post in 126giorni
#post 101/113

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100 e non più cento

100 postFinalmente siamo attivati a 100.

L’obiettivo che mi ero posto il 7 settembre scorso era di riuscire a scrivere tutti i giorni un post per 100 giorni consecutivi e, nel caso in cui si fosse saltato un giorno, si sarebbe aggiunto un ulteriore post oltre i cento.

A oggi siamo a 113, ovvero per 13 giorni non sono riuscito a pubblicare niente, vuoi alle volte per stanchezza e vuoi altre volte per mancanza di idee.

E’ anche vero che questo non è veramente in centesimo post. Nel corso di questi mesi alcune volte non ho fatto avanzare il “contattore” che pongo ogni volta a fine post.
In verità questo dovrebbe essere il post numero 103, ma è anche vero che questo serve per “punire” la mia scarsa precisione.

La sfida che mi son posto doveva superare due difficoltà: riuscire a essere costanti e avere qualcosa di diverso da dire ogni giorno.
Sulla costanza già abbiamo detto, mentre sulla qualità non sempre sono riuscito a mantenere un buono standard.

Mi diverte il fatto che la cifra a tre digit sia giunta il primo giorno del 2015, per cui:

AUGURI!!!

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Vanishing point

Anno NuovoOggi dovrebbe essere la giornata dei consuntivi e dei buoni propositi per il futuro.

Il 2014 non è stato un anno eccezionale ma neppure da annoverarsi tra i peggiori.
Un anno di riferimento, non per altro perché ho compiuto 50 anni.

Mi ero ripromesso di correre nuovamente una maratona entro il cinquantesimo anno di età.
Anche se ho tempo sino al 17 febbraio 2015 è molto probabile che questo proposito andrà deluso.
In compenso ho corso, o meglio ho concluso perché correre è una affermazione impegnativa, un trail di 46 chilometri. Bellissima esperienza.

Per l’anno che sta per arrivare ho in programma un’altra esperienza simile, anche se rimane il desiderio di ricoprire in modo dignitoso una 42 km.
Dovrei avere il pettorale per la NYC Marathon a novembre. Vediamo come evolverà.

Mi piacerebbe avere qualche soddisfazione lavorativa in più, questi ultimi anni non sono stati molto prodigi.

Riguardo gli affetti famigliari avendo due genitori anziani il futuro non mi riserva chissà quali buone cose. Ma così è.

Come durante le gare di resistenza, anche se stanchi e doloranti, anche se non si riesce più a correre e si è costretti ad alternare il passo con la corsa, non si deve mettere mai in dubbio l’arrivo al traguardo.

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Traccia permanente

NetworkIl ragionamento che intendo fare parte da questo articolo di Massimo Mantellini pubblicato su ilpost.it.

La ragazza sorride. Allarga le braccia. In una delle tre foto abbraccia un ragazzo più giovane (un parente? Un amico?) la faccia di lui resa irriconoscibile con un effetto pixel. Come si fa con i bambini o con la faccia di qualcuno che era lì di passaggio ma che non c’entra nulla. Quei pixel aggiungono pena alla pena. […]

[…] Ora la ragazza è morta e i giornali, quasi tutti, hanno usato le sue foto, prese dal suo profilo Facebook per corredare i servizi di cronaca nera che parlano di lei. Hanno chiesto il permesso a qualcuno? Non ce n’è stato bisogno. Erano lì, su Internet, è bastato un colpo di mouse per impadronirsene. Un altro per pubblicarle. […]

Qui si può leggere l’intero articolo

Circa sei mesi fa, io e mia moglie Alessandra, ci siamo trovati davanti una platea di adulti scout dell’Assoraider. Il tema del dire era “Web e scautismo”.

Si è parlato sopratutto del rapporto che può intercorrere tramite la rete tra l’adulto educatore e il ragazzo. Al di la del tracciare i limiti di responsabilità e a esporre la potenza che un mezzo come i social mettono a disposizione, si sottolineava un aspetto fondamentale: nel momento in cui si va a pubblicare una qualsiasi cosa su internet, sia sul nostro sito personale con dieci accessi settimanali che sul nostro profilo Facebook che vanta centinaia di amicizie, noi ne perdiamo il controllo.

Quello che spessissimo dimentichiamo è che in maniera diretta o indiretta chiunque può accedere ai nostri contenuti e farne quello che meglio crede, indipendentemente dalla nostra volontà e indipendentemente dal tempo che sono stati raggiungibili.

Facebook e i social in generale hanno messo alla portata di chiunque uno strumento estremamente semplice per raggiungere una platea ampia. Di contro spesso danno una falsa sensazione di privatezza.

Credo sia capitato un po’ a tutti di avere a che fare con un contatto che esterna in maniera esagerata i suoi sentimenti di amore o di odio verso qualcuno o qualcosa, dimenticando che al 99% delle persone raggiunte non può interessare.  Il più delle volte si genera fastidio e imbarazzo.

Pochissimi di noi andrebbero sulla pubblica piazza a urlare il proprio amore incondizionato verso il proprio partner dal balcone di casa o nella pubblica piazza. Quindi perchè farlo sulla rete?

Ma sopratutto: sai che stai lasciando una traccia indelebile?

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Satireggiando

Spinosa.it

La satira è satira quando sa essere irriverente e cinica.

In questi anni quelli di spinosa.it hanno centrato in pieno entrambi gli obiettivi. Facendo ridere alle volte di più e alle volte di meno.

Politica e religione gli argomenti più utilizzati, ma d’altronde in Italia credo che non possa essere diverso. Sicuramente parliamo di due campi in cui spesso è come sparare sulla croce rossa.

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